Don Palmese celebra la vita a Casa sulla Roccia

Il precetto Pasquale alla Chiesa di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori per festeggiare insieme ai ragazzi che combattono per riconquistare sé stessi

La soddisfazione. La soddisfazione della vittoria: la consapevolezza di avercela fatta. Era tutto quello che si poteva legger negli occhi quei ragazzi e delle loro famiglie. Travolti dalla gioia e dalla soddisfazione immensa che può venire dalla vittoria nella partita più grande: quella con la vita.

E a trascinarli nella condivisione di una simile soddisfazione, la passione di Don Tonino Palmese arrivato, questo pomeriggio, ad Avellino, alla Chiesa di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori per celebrare la messa di precetto, in vista dell’imminente festività pasquale, con i giovani della comunità di “Casa sulla Roccia”.

«Fate delle vostre fragilità, la vostra forza». Così don Tonino, durante la sua calorosa omelia. Ha citato Papa Francesco, per ricordare come, all’esperienza della caduta, dello smarrimento, possa sempre seguire un cammino di rinascita, laddove vi è la volontà, la forza e anche il sostegno necessari a risalire la china. Come Cristo che muore in croce e poi risorge. E’ per questo che una celebrazione come questa, più di qualsiasi altro momento nell’esperienza di un credente, diventa il cuore del cammino compiuto all’interno della chiesa. La chiesa che si veste a festa e si riempie del battito di mani e dell’emozione di chi rende grazie a Dio per essere uscito da una condizione di oscurità, ritrovando non solo la dignità ma anche gli affetti. Quegli affetti persi nella notte oscura a cui aveva aperto le porte il tunnel della dipendenza.

Una notte oscura come quella scura pagina del Vangelo in cui si racconta della morte di Cristo. «Si fece buio da mezzogiorno alle tre» ricorda don Tonino. «Questa è la pagina più scura del Vangelo ma poi basta: è tutta luce e non c’è più posto per la tenebra.»

E poi, ritornando all’altare dall’ambone, don Tonino ricorda quello che alcuni ragazzi di un’altra comunità da lui seguita, nel napoletano, hanno scritto sulla croce che porta il Cristo, simbolo della loro stessa esperienza: «C’a potimmo fa!» Un boato di gioia che riempie la chiesa quando tutti i presenti fanno eco alla voce ridente del sacerdote.

E se è vero che l’esperienza di una messa ha un senso diverso per chi si dichiara credente e per chi, invece, ritiene che la storia umana si riassuma nella sua dimensione terrena, anche per chi non ha fede vi sono occasioni che assumono un sapore differente, un valore aggiunto. Quelle occasioni che traboccano di un’emozione tale da non poterne essere travolti, sentirsene pienamente attraversati. Quelle occasioni in cui sono gli sguardi, i sorrisi, i gesti a parlare e a dire parole che sono irripetibili.

Le emozioni non comunicabili di chi ritorna alla vita.

di Giulia D’Argenio – ORTICALAB

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